Scritto alla vigilia della seconda guerra mondiale, un distillato quanto mai attuale di considerazioni sul ruolo e il potere contadino.
‘ Non si può sapere qual’è il vero lavoro del contadino: se è arare, seminare, falciare, oppure se è nello stesso tempo mangiare e bere cibi freschi, fare figli e respirare liberamente, poiché tutte queste cose sono intimamente unite e, quando lui fa una cosa, completa l’altra. E’ tutto lavoro, e niente è lavoro nel senso sociale del termine. E’ la sua vita. ‘
‘ E, come l’oggetto che usciva dalle mani dell’artigiano, i campi che uscivano dalle vostre mani avevano un bell’aspetto pieno d’umanità viva con le diverse colture affiancate l’una all’altra, e parlavano così dell’intera vita dell’uomo … Ora i vostri campi mostrano soltanto la dismisura di un’unica coltura estesa a perdita d’occhio. Il nostro cuore si preoccupa dei nostri bisogni nelle loro varietà; la vostra terra non gli risponde più. La fate parlare con una sorta di lentezza disperante … Alla disperazione di un’umanità che ha bisogno di essere rassicurata da un discorso rapido e chiaro, i vostri campi rispondono solo con una confusione smisurata. ‘
‘ Sulla terra dove facevi crescere tutto il cibo per la tua famiglia, strappa questo cibo. Strappa i mandorli, il frutteto che ti dava la frutta: vuoi fare il frumento o fare la frutta? Se è il frumento, strappa via tutto il resto: patate, verdura, tutto; specialìzzati, fabbricati la carta da giocare, e falla più grande possibile per vincere il più possibile. Tutta la tecnica è a tua disposizione. Non è più questione di cibo, è questione di gioco. Con quel che vincerai al gioco ti comprerai da mangiare e ti resterà ancora un’enorme proprietà di carta. Se vinci.’
‘ Ma cosa farà lo Stato del vostro frumento? Lo Stato non ha la bocca. Potrebbe, dite voi, distribuirlo a quelli che non ne hanno, indistintamente, al di là delle frontiere. Per chi l’avete preso? Dare è contro tutte le regole del gioco. Dare è un atto di pace. No, lo Stato ha deciso di trasformare il vostro frumento in alcool destinato alla carburazione dei motori dei carri armati … e non crediate che l’atto di guerra sia la trasformazione operata dai chimici sul frumento. No, l’atto di guerra è quando un uomo possiede seicentomila chili di frumento mentre gliene bastano seicento per cibarsi … Voi mi direte che seicentomila chili costano molta fatica e che non è giusto regalare una fatica tale. La verità è che non è giusto farla. ‘
‘Le nostre stesse qualità ci condannano: sanno bene che lavorare la terra non è una specialità, bensì la natura della nostra vita; i campi non resteranno deserti dopo la nostra partenza, e credetemi, non è questione di patriottismo se le nostre mogli si mettono ad arare, seminare, mietere, se i nostri bambini si mettono a governare bestie venti volte più grandi di loro: è solo perchè lavorare la terra è la nostra vita … Sanno bene che, senza di noi, la terra continuerà a produrre frumento durante la guerra (ma senza l’operaio la fabbrica non produrrà granate) … Son proprio queste le qualità che permettono tanta disinvoltura nei nostri confronti e che non abbiano scrupoli a rastrellarci nelle caserme. Noi, contadini, siamo il fronte ed il ventre degli eserciti; ed è tra le nostre fila che le cervella esplodono e i visceri si spargono dietro i nostri ultimi passi. Capite bene, dunque, che noi siamo contro le guerre.’
‘ E’ necessario che il contadino sia altrettanto indispensabile ai campi come l’operaio lo è alla fabbrica. La contadina deve rifiutarsi di sostituirlo. Fin dall’inizio della guerra, deve distruggere le sue riserve di frumento e conservare solo quel che è strettamente necessario alla propria vita e a quella dei figli rimasti con lei. Non c’è bisogno di farlo ostentatamente. Una rivolta scoperta attira gendarmi. No, basta semplicemente andare a seppellire il frumento di troppo sotto il letame.’
da ‘ Lettera ai contadini sulla povertà e la pace ‘ di Jean Giono
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